Diversamente da quanto succedeva negli anni settanta, al tempo in cui gli omosessuali hanno cominciato faticosamente a ricavarsi una visibilità sociale, oggi tutti loro, sia maschi che femmine, possono vivere più apertamente e serenamente il loro orientamento omosessuale. In una prospettiva storica è scontato che le persone più anziane abbiano incontrato le maggiori difficoltà ad vivere l’attrazione omosessuale perché al tempo della loro giovinezza la condanna sociale verso una relazione omosessuale era molto più forte di ora. Basti ricordare, a questo proposito, che solo nel 1974 l’American Psychiatric Association ha tolto l’omosessualità dalla lista delle psicopatologie contenute nel Diagnostic and Statistic Manual (DSM) e l’ha sostituita con il “Disturbo di Orientamento Sessuale” relativo a persone in conflitto con il loro orientamento (egosintonico–egodistonico) e ben distinta dall’omosessualità, che di per sé non costituisce una psicopatologia
Come si percepisce il cambiato giudizio sociale sulla relazione omosessuale?
Si avverte nei messaggi sociali che riguardano la coppia omosessuale, e in maniera più specifica dalle discussioni su omosessualità e disfunzioni sessuali, presenti nella letteratura medica internazionale. Uno sguardo al percorso sociale e relazionale che questo gruppo “in toto” ha compiuto serve per capire come siano evoluti i problemi della sessualità, i bisogni e la richiesta d’aiuto che i pazienti esplicitano.
Quando è cambiato il giudizio sull’orientamento omosessuale?
All’inizio degli anni 70 era ancora necessario dichiarare che l’omosessualità non costituiva una psicopatologia prima di poter spiegare gli scopi o le conclusioni di uno studio accademico e sembrava ancora plausibile pensare ad un intervento psicoterapeutico per modificare l’orientamento omosessuale. Per fortuna, proprio dallo studio di questi fallimenti sono emerse quelle informazioni che hanno permesso di capire l’origine del disagio egodistonico dei pazienti e di affrontarlo in terapia.
I problemi della sessualità tra gli omosessuali
Quando una coppia omosessuale viene in terapia per una disfunzione sessuale, le modalità di approccio iniziale prendono in considerazione il percorso di auto affermazione (coming out) e delle scelte fatte all’interno della relazione omosessuale. Solo in seguito si prendono in carico i problemi della sessualità.
E’ possibile impiegare la terapia sessuale comportamentale ?
Certamente! Consideriamo l’omosessualità come una variante del comportamento sessuale umano, e le possibilità di intervento con le tecniche della terapia sessuale comportamentale hanno sviluppato le necessarie varianti raggiungendo una buona efficacia terapeutica nei pazienti egosintonici nei riguardi del proprio orientamento omosessuale.
Il processo di coming out
Nel porcesso di coming out si riconoscono cinque fasi, o passaggi sfumati tra loro, che caratterizzano il processo di autoidentificazione come omosessuale, di autoaccettazione dell’orientamento omosessuale e di autopresentazione come coppia omosessuale in famiglia ed in società. Naturalmente il passaggio da una fase all’altra è fluido ed ogni paziente ha tempi maturativi diversi. Un conto è riconoscere un’attrazione omosessuale, un altro è iniziare una relazione e un altro ancora è formare una coppia omosessuale stabile. Inoltre è abbastanza normale che una persona esplori nello stesso tempo fasi diverse del coming out.
Come si possono aiutare i pazienti nel coming out?
Per aiutare i pazienti nel coming out sono molto efficaci le terapie di gruppo che dagli anni settanta aiutano uomini e donne omosessuali. I gruppi sono progettati per facilitare la maturazione dell’orientamento omosessuale di persone egodistoniche che hanno interiorizzato l’atteggiamento di omofobia sociale. In questo tipo di formato terapeutico, alcuni ritengono opportuno che almeno uno dei co-terapeuti si identifichi come omosessuale, in modo da fornire un modello di integrazione positiva. Il percorso di coming out all’interno del gruppo valorizza la costruzione di relazioni di fiducia, sostegno, confronto ed intimità emotiva indipendenti da connotazioni erotiche. Come detto sopra, questo tipo d’intervento appare particolarmente adatto per aiutare gli omosessuali distonici a superare le reazioni omofobiche, sviluppate a causa del condizionamento sociale .
Come si costruisce l’orientamento omosessuale?
Dobbiamo tornare indietro al tempo dell’adolescenza e tenere a mente che nel periodo peri puberale l’identità si sviluppa in un contesto interpersonale dove i compagni costituiscono il primo gruppo sociale con cui confrontarsi e che il sentirsi accettati, che è fondamentale per lo sviluppo dell’autostima, implica anche di uniformarsi agli altri; infatti, presentare divergenze profonde potrebbe far correre il rischio di trovarsi isolati dal gruppo. Nel nostro caso l’atteggiamento del gruppo e quello socialmente prevalente contrastano con lo sviluppo dell’identità omosessuale. I messaggi che arrivano all’adolescente omosessuale sono dunque in conflitto con l’attrazione omosessuale e possono condizionarlo a disconoscere il suo orientamento omosessuale e a rifuggire dalla goffa sperimentazione della sessualità che è considerata socialmente accettabile nel contesto eterosessuale. Nel tentativo di adattarsi, l’adolescente crea barriere difensive contro l’attrazione omosessuale ed interrompe il consolidamento della sua identità omosessuale. Come risultato le difese psicologiche diventano sempre più elaborate e generano uno stato cronico di ansia che aumenta ad ogni situazione conflittuale. Questi ragazzi, una volta cresciuti, avranno bisogno di un intervento psicoterapeutico che li aiuti ad accettare la loro identità omosesessuale e a risponedere all’attrazione omosessuale per poter avere relazioni di coppia nel contesto sociale nel quale vivono. Riteniamo, però, che un tale intervento non sia e non debba essere considerato indipendente o diverso dal sistema generale della psicoterapia che da sempre lavora per aiutare i pazienti a superare i loro conflitti in un processo di maturazioni personale. Per trattare efficacemente i problemi dell’orientamento e della sessualità tra gli omosessuali è necessario che il terapeuta abbia conoscenze specifiche sul processo di coming out e sulla formazione della coppia omosessuale.
I problemi della sessualità tra gli omosessuali
Consideriamo pazienti adulti egosintonici con il proprio orientamento omosessuale, che sviluppano una disfunzione sessuale. All’interno delle tecniche di terapia sessuale comportamentale esistono vari modi per affrontare una disfunzione. Per esempio, le tecniche di trattamento che erano già in uso per chi non avesse un partner sono state impiegate a beneficio dei pazienti omosessuali, che chiedono di entrare in terapia da soli. Questa modalità è in uso da tempo e nel caso di pazienti eterosessuali è stata usata per l’anorgasmia, per la difficoltà erettile e per l’eiaculazione precoce. Il razionale dell’intervento si basa sulla struttura degli interventi e il supporto del terapeuta che controbilancia l’ansia, incoraggia e guida il paziente nell’esplorazione dell’attrazione erotica omosessuale e delle sensazioni corporee, e nella produzione di fantasie erotiche adeguate. Il turbinio delle sensazioni allontana il paziente dal suo sistema difensivo e gli consente finalmente di entrare in contatto con l’orientamento omosessuale che prima aveva mortificato. La terapia sessuale comportamentale ha in se’ la capacità di adattarsi a qualunque disfunzione se i suoi principi fondamentali vengono soddisfatti. Uno di questi richiede che, salvo un approccio per i casi già detti, i pazienti possano lavorare con un partner ben disposto. Poiché molti pazienti omosessuali, specie se maschi, non sono in coppia quando vengono in cerca di aiuto per loro sono state create ulteriori nuove modalità di intervento. Sia che i pazienti lavorino da soli o con il loro partner, gli interventi terapeutici sono progressivi e mirati a ridurre la reazione d’ansia e sostituire il comportamento disfunzionale con quello soddisfacente.