Il dolore spontaneo localizzato ai genitali esterni e alle pelvi è presente frequentemente in donne affette da una neoplasia, sia in caso di tumore primitivo che come effetto di una localizzazione secondaria. Questo avviene perché la neoformazione dà origine a masse ed aderenze che stirano i fasci nervosi e alterano i rapporti e la mobilità di un organo pelvico rispetto ai confinanti.
La sintomatologia più o meno intensa è presente spontaneamente, tanto da rappresentare uno stato di dolore pelvico cronico su base organica, e può venir esacerbata dall’attività fisica che agisce come spina irritativa. In particolare, il dolore è scatenato dall’attività sessuale perché la posizione impegna l’articolazione coxo femorale, il movimento ritmico attiva i metameri vertebrali e le spinte sollecitano gli organi pelvici. L’aspettativa del dolore ed il ripetersi di esperienze mortificanti fanno diminuire la frequenza sessuale e impoveriscono la relazione di coppia.
Gli interventi terapeutici necessari per contenere la malattia (chirurgia ablativa, chemioterapia e radioterapia) hanno effetti secondari che ulteriormente minano il benessere e l’aspetto fisico della paziente. Se pensiamo alle cicatrici, alle lesioni attiniche, all’alopecia e alla menopausa precoce ci rendiamo conto del costo per la qualità della vita e della relazione.
Tutto concorre a diminuire l’interesse per la sessualità, infatti nella mia esperienza la sindrome del desiderio sessuale inibito reattiva alla diagnosi è un corollario frequentissimo del quadro clinico. La sessualità rimane sospesa per lunghi periodi ed è causa di dispareunia nelle rare occasioni in cui avviene; purtroppo ma comprensibilmente, solo le pazienti che abbiano concrete prospettive di guarigione rispondono ad interventi per migliorare questo aspetto della loro vita.