“Vulvodinia” è un termine che descrive il dolore genitale che dura per almeno 3-6 mesi e può avere un’eziologia conosciuta o ignota.  I sintomi clinici, soprattutto bruciore e dolore  al tatto o alla lieve  pressione, sono piuttosto gravi e finiscono per limitare sia le attività quotidiane che il comportamento sessuale, provocando uno scadimento generale del benessere. Il dolore o anche solo un risentimento possono essere presenti senza alterazioni visibili della mucosa ma possono essere associati ai segni clinici dell’infiammazione: edema, iperemia e dolore urente.

Vulvodinia: ne’ infezioni ne’ emotività

Uno degli articoli più vecchi in letteratura racconta che il termine vulvodinia sia stato scelto da Harvey Black nel 1977, quando  capì che il dolore cronico vulvare non era dovuto a infezioni ricorrenti ne’ allo stato emotivo della paziente. La descrizione delle caratteristiche del quadro clinico parla di bruciore, prurito, punture e assenza di secrezioni purulente. Negli anni successivi, i dati di laboratorio dimostrano un’ipersensibilità vaginale per vari allergeni come sperma, creme, saponi e sostanze estranee in generale, che hanno il ruolo di mediatori biochimici per questa condizione. 

La frequenza è variabile

Il termine vulvodinia descrive il dolore vulvare cronico di qualunque natura, inclusi i traumi; in più comprende le situazioni di dolore per le quali non si riesce a determinare alcuna causa plausibile. I sintomi possono essere permanenti, intermittenti quando vanno e vengono, o episodici quando sono esacerbati dalla pressione come durante la visita ginecologica, indossando indumenti attillati o facendo sesso. All’esame visivo, i segni fisici sono quelli tipici di un processo infiammatorio ma, come si è detto, l’aspetto non è direttamente correlato alla loro gravità.

In conlcusione

La raccomandazione che deve essere fatta alla fine di questa presentazione è di non dimenticare che benessere e sessualità si impoveriscono notevolmente nelle pazienti affette da vulvodinia, anche se l’area colpita è minima e non c’è il rischio di un grave danno organico. Le pazienti hanno limitazioni per quanto riguarda gli indumenti da indossare (quelli attillati scatenano il dolore) e il comporamento da tenere (rimanere sedute il tempo di una lezione o di un lavoro). Ma la vita sessuale soffre la limitazione più importante perchè la penetrazione diventa impossibile da tollerare per tutte le donne affette con gravi ripercussioni sull’armonia della relazione di coppia.