I progressi della Medicina ci hanno insegnato che non si va dal medico solo quando compare un sintomo allarmante ma anche quando si sta bene per avere i giusti consigli per la prevenzione. Infatti “prevenire è meglio che curare”, slogan ormai vecchio e consunto, non ha perso il suo valore!
A cosa serve la prevenzione?
La prevenzione è fondamentale per la diagnosi precoce che a sua volta è fondamentale per ottenere cure meno invasive e guarigione piu’ pronta. L’altra faccia della medaglia, però, e che non si deve andare dal medico inutilmente.
Come ci si può “regolare”?
Per la maggior parte delle malattie conosciute esistono oggi dei protocolli di diagnosi e cura che provengono da estesi studi epidemiologici e sono approvati e condivisi dalle autorità sanitarie di tutti paesi occidentali, vale a dire dell’Europa occidentale e del nord America…. Una popolazione vastissima ha contribuito a validare tali decisioni. Naturalmente molte indicazioni cambieranno nel corso degli anni perché la Medicina è, grazie a Dio!, in continuo divenire ma le indicazioni chiare e assodate devono essere seguite per quello che indicano ad oggi, evitando di ricorre ad accertamenti o farmaci che non siano strettamente necessari. L’iper medicalizzazione non è solo una inutile perdita di soldi, è francamente dannosa perché spesso comporta il ricorso ad indagini, come la biopsia, che pur minimamente invasive non sono senza conseguenze. Al contrario, gli accertamenti volti alla diagnosi precoce, nei tempi e nei modi giusti, sono di assoluto benefico.
Quali malattie beneficiano della diagnosi precoce, specialmente in campo ginecologico?
Sicuramente le malattie tumorali! La diagnosi precoce fa veramente la differenza tra possibilità di guarigione (come se non si fosse mai stati ammalati) e continuità di malattia. Il tumore al seno è la condizione ginecologica che meglio rappresenta questa realtà.
Che significa “diagnosi precoce” per il tumore al seno?
La diagnosi precoce nel caso del tumore al seno significa che la malattia è stata scoperta con indagini radiologiche (mammografia) ad uno stadio iniziale, prima di aver generato metastasi.
Quali altre nuove conoscenze sono state ottenute in ginecologia?
Abbiamo confermato in maniera chiara che il cancro della cervice è legato alla presenza di HPV nei tessuti del basso tratto genitale (cioè i genitali esterni e la vagina). Questo vuol dire che se una donna è a basso rischio e risulta negativa agli esami per HVP può aspettare 3 anni prima di sottoporsi ad un nuovo Pap-test (il ben noto “striscio”!), strumento di eccellenza per la diagnosi delle malattie della cervice.
Che vuol dire essere negativa all’HPV?
Vuol dire che i tessuti genitali della paziente non mostrano una contaminazione con questo virus e che quindi non c’è stato contatto.
Che relazione c’è tra HPV e tumore della cervice?
Il virus HPV provoca una lesione e una sofferenza dei tessuti che nel tempo si trasforma in tumore. Quindi, risultare affetta dal virus oppure no fa una grande differenza in come ci si deve comportare.
Che cosa è necessario fare se c’è l’infezione da HPV?
Ci si deve rivolgere al ginecologo che provvederà ad asportare la porzione interessata con interventi locali tanto semplici quanto fondamentali per guarire.
Cosa è cambiato negli anni?
Prima di aver chiarito il ruolo dell’HPV si consigliavano Pap-test frequenti che ora non sono più necessari.
E riguardo al tumore al seno?
La prevenzione della malattia tumorale invasiva si ottiene con la diagnosi ad uno stadio precoce, quando non c’è propagazione. Vale a dire quando il tumore è tanto piccolo da non essersi diffuso nei tessuti che lo circondano e non aver dato metastasi.
Come si arriva alla diagnosi precoce del tumore al seno?
Il mezzo irrinunciabile e’ la mammografia. Anche in questo caso sono cambiate moltissimo le raccomandazioni che si davano alle donne fino a meno di 10 anni fa, rispetto a quello che oggi risulta essere il comportamento più adeguato.
Quali sono le raccomandazioni attuali per il tumore al seno?
Si ritiene necessario eseguire una prima mammografia ai 40 anni, o anche più precocemente se la mamma, la nonna o la zia materna della paziente ha avuto la malattia. Le mammografie verranno ripetute negli anni successivi con intervalli che tengono conto delle caratteristiche del seno, della storia familiare e dello stato di salute delle pazienti.
Qual è il cambiamento fondamentale avvenuto nell’ultimo decennio riguardo alla diagnosi precoce del cancro della mammella?
Il cambiamento del modo di pensare dei medici nei confronti del cancro della mammella si basa su un concetto importante che deve essere ben compreso. Fino a un po’ di anni fa, si usava la palpazione dei seni, fatta in specifici momenti del ciclo, come un aiuto o un’indicazione in più alla mammografia. Addirittura si insegnava alle donne a fare l’auto palpazione per rinforzare questo concetto.
Perché la palpazione del seno ormai appare inadeguata?
Secondo l’American Cancer Society la palpazione o autopalpazione produce più danni che benefici perché innesca il dubbio di aver percepito qualcosa e spinge le pazienti a ricorrere a mammografie in tempi inadeguati. Nelle donne che non sono ad alto rischio e che fanno le mammografie nei loro tempi regolari l’esame clinico non aiuta a diagnosticare più cancri ma solo innesca dubbi, provoca falsi positivi e biopsie che non sono necessarie.
E’ per questo che l’American Cancer Society critica la palpazione senza motivo?
Molto semplicemente si! A patto che rimanga ben chiara di mammografie ripetute regolarmente che sono lo strumento migliore per la diagnosi precoce del cancro della mammella.
Ci sono altre raccomandazioni che una donna in buona salute deve seguire?
Nelle donne in post menopausa si riscontra spesso una perdita d’urina che diventa più intensa negli anni provocando irritazione dei genitali esterni e disagio sociale.
Le donne anziane sono consapevoli di perdere l’urina?
Molto spesso non se ne accorgono e negano il fatto quando gli viene chiesto. In realtà la perdita è evidente durante una visita ginecologia!
Come si può contrastare l’incontinenza urinaria?
Prima di tutto con la consapevolezza: avvertire le pazienti che hanno passato la menopausa che questo può avvenire e è il primo passo.
Come si può risolvere l’incontinenza urinaria in una signora un po’ avanti negli anni?
Quando il problema è ancora lieve i mezzi per risolverlo sono tanti; in parte farmacologici, in parte con esercizi comportamentali per rinforzare il pavimento pelvico ed in parte con interventi chirurgici minimamente invasivi che assicurano risultati nel tempo.
Dolore ai Rapporti: ci possono essere complicanze che peggiorano l’incontinenza urinaria?
Le infezioni del tratto urinario (UTI) sono frequenti ad ogni età, hanno un andamento caratteristico di dolore e difficoltà alla minzione, di bruciore e pesantezza costanti e il tipico dolore, quasi come una stilettata, alla fine del getto d’urina che si localizza esattamente allo sbocco uretrale.
In che relazione è l’UTI con l’invecchiamento?
L’infezione è comune ma nella donna anziana tende a durare più a lungo e a a risolversi con minor facilità perché la caduta degli estrogeni priva i tessuti genitali di molte delle loro difese.
E’ in questi casi che si parla di sindrome uro-genitale della menopausa?
Si, il termine è stato coniato esattamente per indicare come organi molto diversi ma limitrofi subiscano lo stesso insulta da parte di un agente infiammatorio quando i loro tessuti di rivestimento perdono la protezione estrogenica.
Come si può intervenire?
La terapia è mirata rispetto all’agente causale ma consigli igienici e una terapia locate ormonale aiutano le pazienti più sottoposte a questo problema.
Dolore ai rapporti: Quali altri sintomi a carico dei genitali sono da mettere in conto con il passare degli anni?
Certamente l’atrofia vaginale è il più comune e quello che più interferisce con la qualità della vita. I sintomi sono la secchezza vaginale, irritazione della vulva e della vagina, il prurito e un minimo sanguinamento dopo i rapporti.
Dolore ai rapporti: come reagiscono le pazienti quando sono colpite dall’atrofia vaginale?
Le donne li considerano un normale effetto dell’invecchiamento e in questo hanno ragione. Per questo motivo spesso evitano di consultare uno specialista e soffrono inutilmente perché molto si può fare per attenuarli.
Ci sono altri motivi per cui le donne non vanno dal medico?
Un motivo è soprattutto il pudore per cui si sentono imbarazzate a parlare dei problemi vaginali che hanno un impatto sulla loro vita sessuale. L’atrofia vulvovaginale è fonte di grande ansia e di peggioramento della qualità della vita intima per cui le pazienti, ma anche i medici che hanno meno dimestichezza con le disfunzioni sessuali, dovrebbero essere incoraggiati a parlarne. Migliorare la comunicazione tra medico e paziente è il primo passo per risolvere questi problemi.
Dolore ai rapporti: l’atrofia vaginale è l’unica causa di prurito, bruciore e dolore ai rapporti nella menopausa?
Direi proprio di no! Una condizione abbastanza comune che colpisce di preferenza le donne dopo i 50 anni è il Lichen Scleroso, una condizione infiammatoria non infettiva della pelle, i cui sintomi sono prurito che insorge soprattutto la notte, irritazione e dolore ai rapporti.
Dolore ai rapporti: il lichen scleroso è facilmente diagnosticabile?
I segni fisici e i sintomi sono suggestivi della malattia ma medici meno esperti possono sbagliare, tanto è vero che un certo numero di pazienti viene curata per candidosi o atrofia prima che la vera natura del problema sia riconosciuta.
Perché viene sbagliata la diagnosi in presenza del Lichen?
In realtà più che sbagliata la diagnosi si deve dire che altre patologie con gli stessi sintomi di base sono molto più frequenti e sono per cosi dire “più famose” per cui è facile pensare subito alle infezioni (soprattutto da Candida) o all’atrofia vulvovaginale piuttosto che al Lichen.
In che modo si può migliorare l’accuratezza della diagnosi?
Il Lichen è una dermatosi che comporta alterazioni anatomiche, anche se molto lievi nelle prime fasi della malattia, che si riconoscono con l’ispezione dei genitali.
In che cosa consistono le alterazioni anatomiche tipiche del Lichen?
Inizialmente sono molto modeste. Con il tempo si nota una depigmentazione delle piccole labbra che diventano biancastre e un loro appiattimento con perdita di tessuto. Quanto la malattia è di vecchia data avviene una fusione delle piccole labbra stesse e compare una fimosi a livello del cappuccio clitorideo.
Sono questi i soli cambiamenti?
No, nei casi più gravi queste alterazioni interessano anche la cute intorno all’orifizio anale.
Qual è l’evoluzione del Lichen nel lungo periodo?
Il Lichen è una malattia ad andamento cronico per cui è necessario che la cura sia protratta a lungo in modo continuativo sotto controllo medico.
In cosa consiste il trattamento?
E’ necessario l’uso di preparati locali base di cortisonici ripetuti più volte al giorno. Le dosi si possono ridurre quando la sintomatologia e i danni tissutali si attenuano.
Si può interrompere il trattamento?
Quando una paziente sta bene il trattamento può essere ridotto o anche interrotto ma la signora deve essere controllata almeno ogni sei mesi per verificare che non ci siano ricadute.
Quali sono i benefici del trattamento prolungato e delle osservazioni periodiche?
Il Lichen non interferisce solo con lo stato soggettivo di benessere ma ha un effetto deleterio sulla vita sessuale perché rende estremamente difficile la penetrazione. Per mantenere i benefici ottenuti con le cure è assolutamente importante che la paziente accetti di sottoporsi a trattamenti prolungati.
Dolore ai rapporti:
Si conclude questa presentazione con una brevissima descrizione del dolore sessuale senza causa apparente che potrebbe venire nascosto dalla patologia uro-genitale della menopausa.
Il dolore genitale da cause non infettive e non infiammatorie – Vulvovestibolite
Escludendo le patologie a chiara responsabilità organica di cui abbiamo parlato, esiste il dolore genitale da causa ancora indeterminata. IL quadro clinico è stato descritto per la prima volta una quarantina di anni fa, è caratterizzato da bruciore, si localizza soprattutto all’ostio vulvare ed è scatenato da un lieve contatto. In particolare risponde a situazioni come lo stare seduta a lungo, andare in bicicletta e soprattutto il tentativo di avere rapporti. Negli anni che sono seguiti alla sua prima caratterizzazione, le osservazioni di molti studiosi hanno arricchito la descrizione del quadro di molte varianti e particolari ma in cuore del problema, comune a tutte le pazienti, rimane quello per primo riconosciuto: il dolore pressorio accompagnato da bruciore ai tentativi di penetrazione, con tutto il suo potere istruttivo sull’armonia di coppia. Oltre all’iperalgesia dell’ostio vulvare, l’altra caratteristica sempre presente, anche se in gradi diversi, è l’ipertono del pavimento pelvico che ha il significato di contrattura antalgica. La contrattura prolungata del muscolo pubo-coccigeo e la sua conseguente difficoltà di rilasciamento aumentano il disagio di fronte ad un tentativo di penetrazione.
L’approccio terapeutico.
Anche se le cause non sono ancora chiarite a pieno, è possibile migliorare e addirittura risolvere il dolore vulvodinico ricorrendo a manovre terapeutiche che prendono in carico i vari aspetti della sintomatologia. Non esiste ancora un protocollo terapeutico codificato ma si interviene a vari livelli e con tecniche diverse che vengono adattate a ciascuna paziente. Fondamentalmente si associa una prescrizione farmacologica a tecniche di desensibilizzazione, a interventi psicologici di sostegno per la coppia e agli esercizi di terapia comportamentale, mirati alla riabilitazione sessuale. In particolare, la desensibilizzazione si ottiene con l’uso dei dilatatori vaginali e la riabilitazione con la Focalizzazione Sensoriale che vengono prescritti con le modalità proprie della terapia sessuale comportamentale.